Oggi l’Assemblea comunitaria ha riflettuto sul caso sollevato da Alfredo Cospito sul regime penitenziario del cosiddetto 41 bis.
La riflessione ha preso spunto da alcuni dati, definizioni ed elementi conoscitivi, da alcuni commenti di studiosi, dalla testimonianza significativa di un ex detenuto che conosciamo da tempo, e non ultimo dal brano del Vangelo di Luca che descrive Gesù accando a due ladroni sulla croce, oltre che da un passo dell’Adelchi.
Il brano del Vangelo è quello intenso e tragico in cui sono narrati gli ultimi momenti di vita di Gesù. Condannato a morte è crocifisso assieme a due ladroni e sulla sua croce è stata apposta da Pilato in segno di disprezzo la scritta “I.N.R.I.”, cioè “Gesù Nazareno Re dei Giudei”. Colui che si è dichiarato come il Messia, il figlio di Dio, non è sul trono ma in croce, abbandonato dai suoi discepoli, circondato da un popolo che dopo averlo acclamato ora assiste muto allo spettacolo della sua morte, è deriso e sbeffeggiato da tutti. E’ solo, unici compagni due malviventi crocifissi accanto a lui. Il primo riproduce le offese dei potenti che assistono al supplizio. L’altro riconosciute le proprie colpe, gli chiede non di toglierlo dal supplizio, ma di ricordarlo quando sarà salito nel suo regno. Grazie a questa testimonianza di fede Gesù manifesta in modo straordinario il potere di perdono e salvezza che è proprio dell’amore divino: il delinquente insomma diventa grazie a Gesù il primo beato del cristianesimo.
E’ interessante ricordare come questo passo del Vangelo di Luca entrò dal 1925 nella liturgia della Chiesa cattolica per festeggiare “Cristo Re dell’universo”, come ricorrenza per i sovrani del mondo. Il Concilio Vaticano II poi ha ricondotto questa ricorrenza alla riproposizione di un Cristo che è un Re paradossale e totalmente altro da tutti i Re del nostro mondo: regna sulla croce, è crocifisso fra e con i malfattori, è condannato dai poteri religioso e politico, è un Re che salva gli altri e non sé stesso. Insomma è un passo che fa riflettere sia sul concetto di sovranità, cioè sui poteri dello Stato al di là della forma, ma anche sul potere dell’amore divino annunciato da Gesù come capace di perdono e di rinascita a nuova vita per gli uomini, anche per coloro che hanno sbagliato.