A gennaio 2024 Beppe Pratesi ci ha lasciato ed è stato anche per noi un grande dolore. La Comunità che lo conosceva da sempre, apprezzandone il pensiero, il sorriso, la concretezza e le scelte di vita sempre ispirate ad una profonda coerenza al Vangelo, lo aveva ritrovato di recente, quando a febbraio 2022 insieme alla moglie Lucia Frati venne per parlare del libro di Antonio Schina che racconta la sua storia: “Con tutto l’amore di cui siamo capaci. Il nostro modo di essere preti. Conversazioni di Beppe Pratesi e Lucia Frati“.
Per ricordare Beppe Pratesi riportiamo qui una breve biografia, un suo recente messaggio nel quale ci ritroviamo pienamente che ci commuove e ci stimola, il fascicolo dell’incontro del 20 febbraio 2022 con la Comunità, l’articolo di Tomaso Montanari “Beppe Pratesi: il prete, contadino, marito e padre” pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 6.2.2023.
1) Brevi cenni biografici sulla vicenda di Beppe Pratesi e Lucia Frati
Nato nel Mugello, Beppe Pratesi viene ordinato sacerdote negli anni ’60. Attirato dalle esperienze dei preti operai e ispirato dalla esperienza dei Piccoli fratelli di Foucauld, ottiene nel 1969 dal card. Florit di poter svolgere l’impegno sacerdotale a Castiglioni, vicino alla Ginestra Fiorentina, insieme a Beppe Socci, dove lavora come contadino, legando con le famiglie di contadini e braccianti del luogo e collaborando con il parroco di Montespertoli. E’ un periodo di intense relazioni, con preti operai e giovani in ricerca, che da Firenze e da altre zone raggiungono spesso la piccola comunità. L’esperienza di Castiglioni però finisce l’anno dopo quando Florit gli intima di non proseguirla «né lì né altrove, né in nessun altro luogo della diocesi». Beppe allora si trasferisce a Viareggio, ospite della Comunità agricola parrocchiale del Bicchio, lavora come operaio metalmeccanico in fabbrica, alla Fervet. In questo periodo Beppe incontra Lucia che ha alle spalle l’esperienza di una comune nel Mugello aperta all’accoglienza di disabili. Beppe e Lucia si innamorano, formano presto una famiglia, hanno dei figli e accolgono dei bambini in difficoltà che crescono con i loro figli. Tutto questo Beppe lo vive senza mai lasciare la dimensione sacerdotale ma anzi allargandola e vivendola insieme a Lucia.
La loro vita si fa sempre più ricca di esperienze diverse: Lucia lavora come fisioterapista, Beppe, lasciata la fabbrica, si dedica ai lavori agricoli. La loro casa è sempre aperta a persone in difficoltà, tossicodipendenti, carcerati in reinserimento lavorativo.
Fanno anche esperienze di solidarietà in Africa. Nel 1995 fondano l’Associazione Astolfo per familiari di persone con problemi di salute mentale, organizzando anche corsi di auto-aiuto. Tra le altre esperienze che hanno portato avanti ci sono i corsi di agricoltura sociale, il rapporto con l’Associazione Vittime del Forteto, la lotta contro l’alta velocità in Mugello.
La loro storia è raccontata nel libro-intervista di Antonio Schina che chiede loro della loro esperienza ma anche della rete di relazioni strette nel tempo con tanti protagonisti della felice stagione fiorentina e toscana, che hanno cercato il rinnovamento della chiesa e della società: Lorenzo Milani, Bruno Borghi, Enrico Bartoletti, Luigi Rosadoni, l’Isolotto, Beppe Socci e i preti operai viareggini e molti altri.
2) Riflessioni di Beppe Pratesi sulla propria esperienza e sull’esperienza dei preti operai
Ci sembra che la storia dei preti operai. si addica bene ad un a parabola evangelica e non come taluni sostengono ad una parabola geometrica discendente e magari proprio a fine…
Pensiamo che la vecchiaia, la morte, non chiuda proprio questa storia, anzi possa rafforzarla se la apriamo, la doniamo al mondo invece di tenerla stretta come un nostro tesoro da difendere.
Quindi dovremmo partecipare a più persone possibile (intendiamo con questo farla arrivare ai seminari, ai corsi di teologia, alle parrocchie, al mondo operaio, ai cittadini comuni…) la nostra variegata storia di vita e di spiritualità, come esempio per il futuro della spiritualità universale.
Una parabola non dà la soluzione definitiva, ma è un invito a trovare le proprie infinite possibilità di declinarla.
Siamo sicuri, abbiamo toccato con mano, che il messaggio evangelico passa agli altri solo se noi siamo capaci di trasudarlo dalle nostre vite, dal nostro modo di essere e di fare.
Siamo stati uomini e donne schierati senza fraintendimenti dalla parte dei poveri, degli oppressi, degli emarginati, dei rifiutati.
Abbiamo interrogato il sociale e la politica chiedendo cambiamenti.
Abbiamo interrogato la Chiesa affinché anche lei facesse grossi passi di cambiamento.
È vero che il cambiamento parte da ognuno di noi per diventare collettivo, ma è anche vero se la politica, il sociale, la chiesa fanno passi avanti questo cambiamento può arrivare a tutti velocemente.
Ci siamo spogliati di tutto ciò che era insito nelle nostre vesti clericali:
potere, denaro, onori e siamo diventati comuni cittadini che vivono del loro lavoro come fanno tutti.
Siamo usciti dal sottobosco umiliante e nebuloso delle elemosine….
Essere uomini comuni … questa è stata la nostra sfida e la nostra forza.
Vivere alla pari … vivere del proprio lavoro, senza soldi, né tariffe per i riti religiosi, percepire l’umiliante congrua … ci ha resi non più un gradino più alto …
Un profondo senso di giustizia ha animato il nostro agire e le nostre lotte.
E così pure un profondo senso di un messaggio collettivo e non intimista/individualista.
Una grande attenzione alla natura, al creato affinché il rispetto, la non prevaricazione, il non abuso e il non selvaggio sfruttamento siano obiettivi prioritari dell’ieri, dell’oggi, del domani.
La preghiera non solo come contemplazione e adorazione, ma lievito lotta e vicinanza a tutte le creature animate e non ..
L’accoglienza di tutti gli altri specie di chi è in difficoltà è stata la nostra cifra che ha contraddistinto le nostre vite.
Essere Comunità il nostro modo di vivere.
È la comunità che ci cambia, che trova le soluzioni.
È la Comunità che ci forma, ci rende capaci, e potenti nelle nostre lotte, nel cammino di vita di ognuno di noi, che non può essere un cammino solitario. Insieme è più bello, più efficace, più divertente.
La fratellanza vera con le persone con cui abbiamo lavorato, vissuto, incontrato.
Quella fratellanza che ti porta vicino nel momento del bisogno, che ti fa correre se hai un problema di salute, che ti ospita, che ti sostiene se attraversi momenti di fragilità.
Mi ricordo di aver detto a Martino Morganti quando ormai era quasi a fine e si rincresceva di dar peso a Leo e Carlo che lo avevano preso in casa loro: “ma siamo fratelli o no?”. Ne restò placato …
Un ‘ altra visione della donna.
È lei il 51% della altra faccia non della luna, ma del mondo. Vogliamo una volta per tutte che ella possa avere il posto, il ruolo, le opportunità, le competenze, il diritto di parità, ma anche di superiorità.
Chi di noi ha vissuto allo scoperto una relazione di coppia e di famiglia ha attuato coraggiosamente ed onestamente quel cambiamento che da più di mezzo secolo è chiesto alla Chiesa, ossia la libertà di scelta, non l’obbligo al celibato. È nella libertà che crescono le cose migliori … !!!
Il divino è presente …
è terreno … fatto di carne ed ossa … non lassù lontano perso nei cieli …
È con noi. È lo spirito buono che riusciamo a trovare in ogni cosa e soprattutto in ogni persona.
Il sacro non è chiuso nei luoghi del culto, ma è ovunque, in ogni angolo del mondo.
Non è chiuso nei gesti e riti religiosi, ma è sparso dove accogliamo, dove nasce un bimbo, dove due sposi iniziano il loro cammino, e in tutti i rivoli dell’umanità e della natura…
I gesti, i simboli non hanno significato magico, ma dobbiamo tradurli in gesti capaci di arrivare all’altro in modo immediato: mangiamo insieme, condividiamo la difficoltà, ci diamo una mano nelle avversità.
Questo pensiamo sia l’essenza del messaggio di Gesù che non volle templi, non volle sacerdoti, né dominio del sacro, ma una sacralità diffusa, un movimento di presa di coscienza individuale e collettiva portato avanti da uomini e donne capaci seguendo il suo esempio di fare cose più grandi di lui…
Questo è anche l’invito dell’ultima cena in cui Gesù dice: guardate me che prima di sederci a tavola vi ho lavato i piedi …
è fate questo in memoria di me.
3) Fascicolo dell’incontro del 20 febbraio 2022 con la Comunità
4) l’articolo di Tomaso Montanari “Beppe Pratesi: il prete, contadino, marito e padre” pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 6.2.2023.
Per saperne di più :
*) https://pretioperai.it/beppe-pratesi-ci-ha-lasciato-2-copy/
*) Antonio Schina, “Con tutto l’amore di cui siamo capaci. Il nostro modo di essere preti. Conversazioni di Beppe Pratesi e Lucia Frati“, Ed. Centro di Documentazione di Pistoia Editrice, 2021.