Nel corso della Assemblea domenicale di oggi, di fronte ad un mondo martoriato da mille guerre e dalla guerra in Ucraina (che dura da quasi un anno e rispetto alla quale non si intravede nessuna concreta trattativa di pace e nemmeno un cesssato il fuoco), abbiamo riflettuto intorno alle risposte che ciascuno di noi si sente di dare, individualmente e collettivamente, di fronte alla espressione “se mi chiedessero se sono pacifista…” .
Le riflessioni hanno preso l’avvio dalla visione di Isaia in cui un giorno i popoli “Forgeranno le loro spade in vomeri..“, dal senso da dare oggi al richiamo evangelico delle Beatitudini (“Beati gli operatori di pace..“),
da un ampio, articolato e testo di Moreno Biagioni dal titolo “Lo sviluppo del movimento pacifista fra utopia e realtà (in Italia e non solo)” (il testo è riportato nel fascicolo che può essere scaricato) e da un monito di Erasmo da Rotterdam che riportiamo anche qui:
… i prelati assolvano al loro compito, i preti siano veramente sacerdoti, i monaci si rammentino dei loro voti, i teologi offrano insegnamenti deli di Cristo. Siano tutti d’accordo nell’osteggiare la guerra e inveiscano tutti contro di essa. In pubblico e in privato predichino, esaltino, inculchino la pace. Se non possono impedire i conflitti armati, evitino assolutamente di approvarli, di prenderne parte, di sostenere con il loro prestigio una cosa tanto scellerata o, almeno, tanto sospetta. Sfidando il pericolo, difendano la pubblica tranquillità.
Devo dire che io non condivido mai la guerra, nemmeno quella contro gli infedeli. La religione cristiana sarebbe messa davvero male se la sua sopravvivenza dipendesse unicamente da questi puntelli. Non ha senso attendersi che, a partire da premesse ostili, le genti sottomesse diventino buoni cristiani; ciò che si conquista con la violenza, lo si perde nello stesso modo […]. (Erasmo da Rotterdam)