Celebrare la Pasqua significa scommettere su una rinascita, fare memoria della resurrezione di Gesù da morte come messaggio di pace e salvezza per tutti, contrastare la disperazione e l’impotenza per quello che sta accadendo nel mondo. Come ha scritto Enzo Mazzi (1997), Gesù risorto «può essere un’esperienza universale da attualizzare e rivivere in ogni epoca da ogni generazione e persona. Può costituire un contributo originale di senso, di comprensione e di accettazione positiva e creativa al dramma umano, e per chi vuole divino, che si svolge tra i due poli perennemente in tensione e sempre intrecciati della vita e della morte».
Ma quest’anno è particolarmente difficile cogliere dei segni di speranza, di rinascita, in quello che accade intorno a noi. Tremendi conflitti ci circondano: la guerra in Ucraina per la quale non si intravedono prospettive di soluzione e di tregua; la situazione di Gaza, dove nei 5 mesi successivi all’attacco di Hamas, a causa dei bombardamenti israeliani, del blocco degli aiuti e dei rifornimenti, sono morti già 32.000 palestinesi; i conflitti in Siria, nello Yemen e in tante altre regioni. La comunità internazionale e l’Europa sembrano inadeguate ad affrontare la situazione proponendo solo le vie del riarmo e della contrapposizione tra schieramenti opposti, le strade della pace che l’Europa dovrebbe perseguire, memore del terribile conflitto mondiale e degli eccidi e distruzioni che hanno interessato tutto il continente, non vengono tentate e nemmeno sognate.
Per di più la guerra sembra diventata normale, inevitabile, si parla addirittura di far accettare ai cittadini europei il fatto che la guerra è concretamente possibile.
Ci troviamo in una situazione simile a quella che il mondo, e anche la nostra comunità, visse nel 1967, con la guerra in Vietnam che però vide la mobilitazione delle masse soprattutto giovanili negli Stati Uniti e in tutto il mondo. Nella Pasqua 1967 ci si chiedeva se celebrare la Pasqua era conciliabile con la passività di fronte alla distruzione del popolo vietnamita; questo ragionamento lo potremmo riproporre oggi. Si ricordava allora che anche la Chiesa, con il Concilio, aveva affermato che «ogni atto di guerra che mira alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro l’umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato». Quindi, quale speranza? Come contrastare l’indifferenza e l’assuefazione alla violenza e ai conflitti? Quale messaggio ci arriva dall’annuncio della resurrezione?
Leggiamo il vangelo di Giovanni sull’arrivo al sepolcro di Maria di Magdala e la prima lettera ai Corinti, e condividiamo insieme al pane e al vino, l’angoscia per le guerre che flagellano il mondo e la rinnovata speranza, l’impegno e la fiducia in una umanità nuova capace di pace, fratellanza e armonia con il creato.